(Dott.ssa Michela Iabichella, psicologa-psicoterapeuta.)
Troppo spesso sentiamo parlare di ADHD -disturbo da deficit di attenzione e iperattività, tra bambini e adolescenti. Che cosa sta succedendo? E’ importante dare spazio all’informazione, e comprendere bene cosa viene racchiuso all’interno di questa sigla, che molto spesso inquieta genitori, insegnanti, educatori…si perché, “ad A. (bambino di 5 anni) è stata fatta diagnosi di ADHD… “e quindi? Cosa significa realmente,e noi adulti di riferimento, come ci dobbiamo muovere, cosa possiamo fare?” Queste sono alcune delle tante domande che mi vengono rivolte dai genitori che vengono da me in terapia, i quali molto spesso sono spaventati e in ansia, e dagli insegnanti, che vogliono essere giustamente informati, che desiderano confrontarsi, per poter apprendere strategie e risoluzioni adeguate, per poter indirizzare e “andare verso l’alunno” con adeguate competenze didattiche e relazionali.
Illustro brevemente una sintesi di quelle che sono le caratteristiche-base dell’ADHD:
Dal punto di vista comportamentale la disattenzione si manifesta con difficoltà a seguire le istruzioni, facile distraibilità, frequenti errori nei compiti scolastici, difficoltà nel tenere in ordine i materiali e nel gestire il tempo a disposizione. L’ADHD è uno dei disturbi che più frequentemente si riscontra in età evolutiva, la cui sintomatologia prosegue anche in età adolescenziale e adulta.
La caratteristica fondamentale del disturbo è un persistente pattern di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento e lo sviluppo dei bambini.
L’iperattività si riferisce invece a un’eccessiva attività motoria manifestata in momenti e situazioni non appropriati, a un eccessivo dimenarsi e a una cospicua loquacità. Spesso i bambini iperattivi si agitano sulla sedia, si alzano dal proprio banco, sono irrequieti e incontrano problemi nel giocare tranquillamente.
Per impulsività s’intende invece la presenza di azioni che vengono compiute in maniera affrettata, senza premeditazione e talvolta possono essere pericolose per il bambino o adolescente. Questa impulsività può rispecchiare sia il desiderio di ottenere una ricompensa immediata, sia l’incapacità di ritardare una gratificazione. Tra la variegata gamma di comportamenti impulsivi vi sono le continue interruzioni durante le conversazioni, il fornire risposte prima ancora che gli altri abbiano finito di parlare e il prendere decisioni senza considerare le conseguenze.
Ma c’è un aspetto importante che dobbiamo tenere presente, prima di tutto:
il bambino con ADHD, è PRIMA di tutto, un bambino, con un nome, una propria storia di vita relazionale, familiare, scolastica,extrascolastica ect.
Iperattività e disturbo di attenzione non sono infatti sinonimo di ADHD ma possono essere spiegati anche con altre cause.
La diagnosi pertanto richiede l’attenta visita di uno specialista (neuropsichiatra infantile e dell’adolescenza) in grado di effettuare una adeguata valutazione.
Come si può aiutare successivamente, il minore?
Si parla di farmaco,si parla di terapia,quale è la “strada migliore”?
In alcuni casi, li dove il disturbo risulta essere fortemente invalidante, il farmaco, non va demonizzato, ma concordato insieme ad una psicoterapia comportamentale, risulta invece dare importanti risultati di miglioramento e di riduzione del sintomo.
Sicuramente, e nella maggior parte dei casi, un lavoro di psicoterapia tramite tecniche comportamentali specifiche, può in se aiutare il minore a migliorare notevolmente il proprio comportamento.
Affiancando un lavoro di parent-training, si da un valido supporto ai genitori, che molto spesso hanno difficoltà a gestire un comportamento spesso “troppo amplificato” del proprio figlio. Credo fermamente nell’importanza del lavoro di rete,quando si rivolgono a me genitori, insegnanti, stabiliamo insieme un lavoro di collaborazione Scuola-Famiglia-Terapia, che risulta essere, ad oggi, il metodo più efficace per ridurre e migliorare le dimensioni di inattenzione, impulsività e iperattività. E’ importante inoltre che gli interventi terapeutici tengano conto sempre delle caratteristiche individuali di ogni singolo bambino, dei suoi tempi di attenzione, della sua motivazione personale e autostima, prefiggendosi sempre obiettivi chiari e realistici.
“La cosa importante non è tanto che ad ogni bambino debba essere insegnato, quanto che ad ogni bambino debba essere dato il desiderio di imparare.” (Cit. John Lubbock )